L’assegno di divorzio è un istituto previsto dall’art. 5, comma 6 della legge sul divorzio, secondo la quale “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Il coniuge deve pertanto corrispondere l’assegno quando l’altro non ha mezzi adeguati; quindi, è privo di qualunque reddito ma anche se svolge prestazioni occasionali e saltuarie e quando non può procurarseli.
Negli ultimi anni, demolendo l’orientamento in vigore dal 1990, la Cassazione ha specificato che il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non è più requisito necessario per l’attribuzione dell’assegno divorzile.
Secondo la Corte, infatti, il divorzio è divenuto parte integrante del costume sociale e costringere un coniuge a versare un assegno a tempo indeterminato può costituire un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia in violazione di un diritto fondamentale dell’individuo sancito dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Con due recenti ordinanze la Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema precisando che le dichiarazioni dei redditi del coniuge non possono valere per il calcolo dell’importo dell’assegno di divorzio.
Questo, ha spiegato la Corte, con riferimento al caso in cui è stato negato l’assegno all’ex moglie in quanto non esisteva un reale squilibrio economico tra i coniugi poiché la donna, anche dopo la separazione, aveva continuato a svolgere un’attività molto redditizia pur non avendola dichiarata al fisco.
I giudici hanno così decretato che la dichiarazione dei redditi, nella quale il dichiarante potrebbe omettere o non dichiarare alcuni cespiti o fonti di reddito, non è documentazione attendibile per basare la determinazione dell’assegno divorzile.
Ai fini del riconoscimento dell'assegno di divorzio il giudice deve tenere conto di una pluralità di fattori; Al fine di valutare le condizioni economiche non sono sufficienti le dichiarazioni dei redditi - Trattasi infatti di informazioni parziali e spesso e volentieri non veritiere. Questo è quanto emerge dalle ordinanze n. 32644/2022 e 33381/2022 della Corte di Cassazione.
La dichiarazione dei redditi è un mero indizio. Il giudice delle leggi è nuovamente intervenuto nel 2022 con l’ordinanza n.33381 per precisare ulteriormente il punto con riguardo al caso di un marito che rifiutava di corrispondere l’assegno e ne chiedeva la riduzione per sopravvenute difficoltà economiche e peggioramento della sua capacità reddituale.
La Corte di Cassazione stabilisce infatti che la dichiarazione dei redditi è un documento fiscale che costituirebbe un mero indizio della capacità economica del soggetto e che i giudici sono legittimati a non prenderla in considerazione laddove emerga da altre risultanze probatorie che il soggetto ha invece la possibilità di corrispondere l’assegno determinato dal tribunale.
In sostanza, il giudice chiamato a valutare la situazione può agire discrezionalmente e valutare la situazione indipendentemente dalla situazione reddituale presentata documentalmente dal convenuto.
Al fine di accertare la reale situazione patrimoniale e lavorativa dell’ex coniuge, con l’ordinanza n. 5077/2021, la Cassazione ha ribadito la facoltà di rivolgersi ad Agenzie Investigative in grado di documentare la reale condizione economica del soggetto d’interesse, anche mediante l’osservazione oggettiva dello stesso.
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