L’aggravamento delle condizioni di salute o di ritardo nella guarigione del lavoratore a causa di altre attività lavorative svolte, ha configurato un grave inadempimento e violato gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro.
Ennesima sentenza che conferma il principio per il quale l’aggravamento delle condizioni di salute o di ritardo nella guarigione del lavoratore medesimo, configura un grave inadempimento comportante un serio pregiudizio all’interesse del datore di lavoro, risultando violati gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro tutte le volte che la natura dell’infermità sia stata giudicata, con valutazione ex ante, incompatibile con la condotta tenuta dal dipendente.
La sentenza è del 25 novembre 2013, n. 26290, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore contro la sentenza di I grado e II grado vertente sull’illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente dalla società datrice di lavoro.
Nel caso di specie, i giudici di merito rilevavano, che il dipendente nei giorni in cui era stato assente per malattia ed infortunio, aveva svolto altra attività lavorativa, attività che veniva attestata dalle prove documentali (video/foto) e testimoniali dell’agenzia investigativa privata, incaricata di raccogliere elementi probatori a supporto dei sospetti della società. L’istituto investigativo confermava anche con riprese filmate all’esterno del pubblico esercizio (pizzeria) ove lavorava sua moglie, la presenza del lavoratore che svolgeva attività di supporto all'esercizio commerciale, che ne avevano pregiudicato la guarigione.
Il ricorrente si difendeva sostenendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2104, 2106 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. in relazione al disposto dell’art. 2119 cod. civ. e dell’art. 1 della legge n. 604/66, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine alla giusta causa di licenziamento” poiché l’ attività lavorativa nel periodo di malattia si esplicava solamente in un aiuto “leggero” alla moglie che non richiedeva uno sforzo fisico pregiudizievole per la salute.
La Cassazione è intervenuta sul punto e ha sostenuto che: “….il lavoratore al quale sia contestato in sede disciplinare di avere svolto un altro lavoro durante un’assenza per malattia ha l’onere di dimostrare la compatibilità dell’attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa contrattuale e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psicofisiche, restando peraltro le relative valutazioni riservate al giudice del merito all’esito di un accertamento da svolgersi non in astratto ma in concreto” (così cass. 19 dicembre 2000, n. 15916 ed in senso conforme cass. 13 aprile 1999, n. 3647).
“..deve pure osservarsi che non può ritenersi estraneo al giudizio vertente sul corretto adempimento dei doveri di buona fede e correttezza gravanti sul lavoratore un comportamento che, inerente ad attività extra lavorativa, denoti l’inosservanza di doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire comunque l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa” (ctr. cass. 21 aprile 2009, n. 9474).
Dogma Spa ha le competenze operative, per supportare i Clienti e i loro consulenti (avvocati, consulenti del lavoro, ecc.) al fine di raccogliere le evidenze probatorie utili a supportare una legittima richiesta di violazione del cd obbligo di fedeltà.
Per approfondire l'argomento: Licenziamento per giusta causa durante la falsa malattia
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