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Assegno divorzile: quando e a chi spetta

A chi spetta l’assegno divorzile e quando è possibile non pagarlo? Vediamo insieme le sentenze della Cassazione sul tema.

 
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Assegno divorzile: quando e a chi spetta

A chi spetta l’assegno divorzile e quando è possibile non pagarlo? Vediamo insieme le sentenze della Cassazione sul tema.

Cos'è l'assegno divorzile e qual'è la differenza con l'assegno di mantenimento

L'assegno divorzile consiste nell'obbligo di uno dei coniugi di versare periodicamente all'altro coniuge un assegno "quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive".

Tra le principali conseguenze di carattere patrimoniale del divorzio, il riconoscimento del diritto a percepire l’assegno divorzile si realizza in circostanze differenti rispetto a quanto succede per l’assegno di mantenimento.

In particolare, quest’ultimo deve garantire al coniuge che ha meno risorse economiche lo stesso tenore di vita che aveva quando la coppia stava ancora insieme, durante la fase di separazione personale antecedente al divorzio, con l’obiettivo di bilanciare la condizione economica dei due soggetti.

Al contrario, l’assegno divorzile viene disposto quando gli effetti del matrimonio sono ufficialmente annullati in seguito al divorzio e, di conseguenza, viene meno la necessità di operare un bilanciamento economico tra i due ex coniugi: chi dei due gode di una condizione economica maggiormente favorevole dovrà garantire all’altro non più il passato tenore di vita, bensì soltanto l’autosufficienza economica, in virtù del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio (economico e personale) della famiglia .

Assegno divorzile e tenore di vita: la sentenza Grilli

Sul tema, con la sentenza n. 11504/2017, la Cassazione ha affermato che il criterio di liquidazione dell’assegno di divorzio non può essere quello del mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio, dal momento che risulterebbe in contrasto con la natura stessa del divorzio.

Secondo il dettato dell'art. 5, comma 6, legge n. 898/1970, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, è necessario tenere conto delle aspettative professionali sacrificate dal coniuge per contribuire alla realizzazione della vita familiare. Da ciò, infatti, può derivare una difficoltà a reinserirsi in maniera soddisfacente nel mercato del lavoro, oltre ad ulteriori problematiche legate ad eventuali problemi di salute o condizioni che rendano oggettivamente impossibile la sopravvivenza, in mancanza dell’assegno divorzile.

Assegno divorzile: le sentenze della Cassazione

Con una recente pronuncia, la Suprema Corte ha ribadito il principio per il quale il riconoscimento dell’assegno divorzile, cui deve essere attribuita una funzione assistenziale e compensativa, è finalizzato al raggiungimento per il coniuge istante di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto anche delle aspettative professionali sacrificate.

Tuttavia, la Cassazione, con l'ordinanza n. 5603/2020, ha stabilito che non si può riconoscere l'assegno divorzile all’ex coniuge, nel momento in cui non si abbia prova del suo effettivo guadagno, anche derivante dallo svolgimento saltuario e irregolare di prestazioni lavorative.

Nel caso specifico, la Corte d'Appello, riconoscendo l'assegno alla ex moglie del ricorrente, non aveva provveduto a svolgere una comparazione delle situazioni reddituali dei due coniugi, per la mancanza di prove sul guadagno effettivo della donna. Così facendo, il giudice d’appello non ha tenuto conto dei principi esposti dalle due sentenze chiave della Suprema Corte in materia, in base alle quali occorre valutare il contributo dei coniugi alla formazione della vita e del patrimonio familiare e personale, tenendo conto della durata del matrimonio, dell'età del coniuge richiedente e - soprattutto - della sua capacità di produrre reddito.

Di conseguenza, risulta errato il riconoscimento dell'assegno divorzile all’ex moglie del ricorrente, dal momento che non rileva il fatto che il tenore di vita della beneficiaria non sia più quello goduto durante il matrimonio, bensì la dimostrata capacità lavorativa e reddituale della stessa, in assenza di un accertamento in ordine al reddito percepito.

Assegno divorzile e lavoro in nero: quando non pagarlo.

Con l’ordinanza n. 5603 del 28.02.2020, la Cassazione ha stabilito che l’ex coniuge impegnato nello svolgimento di attività lavorative saltuarie e irregolari non ha diritto a percepire l’assegno di divorzio. In seguito, la Suprema Corte – con ordinanza n. 5077/2021 - ha legittimato il ricorso ad agenzie investigative per lo svolgimento di indagini finalizzate a raccogliere elementi utili ad interrompere il pagamento dell’assegno divorzile.

Nel caso specifico, il Tribunale, dopo aver pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponeva la corresponsione in favore della ex moglie di un assegno divorzile.

Nonostante il ricorso in appello del marito, la Corte aveva confermato la decisione del giudice di primo grado, dal momento che la situazione economica dell’uomo risultava migliore e più stabile rispetto a quella della donna, la quale svolgeva un lavoro irregolare e saltuario.

La Cassazione ha però ribaltato la decisione della Corte d'Appello di disporre l'assegno divorzile in favore della ex moglie, al fine di garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, dal momento che era dimostrata la capacità reddituale e lavorativa della donna.

Premettendo che il riconoscimento dell'assegno divorzile, avente natura perequativa, assistenziale e compensativa, richiede il preventivo accertamento della inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente e della impossibilità di procurarseli per motivi oggettivi, è necessario procedere ad una valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti, tenendo conto del loro contributo alla realizzazione della vita e del patrimonio familiare.

Sottolineando l’errore del giudice di secondo grado, configuratosi nella mancata comparazione delle rispettive situazioni economiche, la Suprema Corte, rilevando l’impossibilità di quantificare il guadagno derivante da attività irregolari e ritenendo comunque dimostrata la capacità reddituale della donna, ha disposto il rinvio alla Corte d'Appello - in diversa composizione - per un nuovo esame nel merito della questione, alla luce dei principi giurisprudenziali sopracitati ed enunciati nella sentenza S.U. n. 18287/2018.

Al fine di accertare la reale situazione patrimoniale e lavorativa dell’ex coniuge, con l’ordinanza n. 5077/2021, la Cassazione ha ribadito la facoltà di rivolgersi ad Agenzie Investigative in grado di documentare la reale condizione economica del soggetto d’interesse, anche mediante l’osservazione oggettiva dello stesso.

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Autore: Dr. Alessandro Pugno
Junior Legal Counsel - Ufficio Legale Dogma S.p.A.

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