Il rapporto di lavoro tra datore e dipendente pone in capo a quest’ultimo un obbligo di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c., secondo il quale Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
Perché si configuri concorrenza sleale è sufficiente quindi che il dipendente tratti affari per conto proprio o di terzi in un campo che sia lo stesso in cui opera l’imprenditore al quale è legato dal rapporto di lavoro subordinato. Il reato di concorrenza sleale si configura quindi quando sussistono tutte le condizioni necessarie affinché tra due soggetti si instauri un regime concorrenziale cioè quando due aziende operano nello stesso ambito e si rivolgano alla stessa clientela.
Il lavoratore che si comporti così viola quindi l’obbligo di fedeltà ex art. 2105 c.c. commettendo un inadempimento contrattuale, minando il vincolo fiduciario che lo lega al datore di lavoro e di fatto arrecando un danno economico all’azienda.
Il comportamento del dipendente infedele che agisce in concorrenza con il proprio datore di lavoro è sufficientemente grave da determinare un licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Tuttavia, spetta al datore di lavoro valutare l’entità del fatto e decidere se procedere a una sanzione disciplinare più blanda o più severa.
Nella lettera di licenziamento dovranno essere indicati i fatti che hanno motivato la decisione, che dovranno necessariamente essere circostanziati. In sostanza, non si può licenziare per un mero sospetto ma servono prove della concorrenza sleale.
Incombe infatti sul datore di lavoro l'onere di riscontrare rigorosamente i comportamenti attraverso i quali si sarebbe realizzata l'infedeltà del dipendente e, di conseguenza, la gravità della condotta tale da legittimare il licenziamento.
Rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 2105 c.c. i cosiddetti atti di concorrenza sleale, intesi come comportamenti non conformi ai principi di correttezza professionale ed idonei arrecare un danno all’impresa. Le norme qualificano la Concorrenza Sleale di un ex dipendente in:
Poichè l'onere della prova, per legge, spetta sempre al datore di lavoro, se questi nutre sospetti su un proprio dipendente e vuole dimostrare la sussistenza del reato di concorrenza sleale, può rivolgersi a un’agenzia investigativa.
L’Agenzia Dogma S.p.A. svolge da anni un ruolo indispensabile al fianco delle aziende che sono interessate a compiere indagini sui propri dipendenti sospettati di concorrenza sleale. Grazie a un pool di investigatori privati esperti e formati in diversi ambiti l’Agenzia Dogma è in grado di offrire un servizio discreto e puntuale per supportare il cliente, fornendo un fascicolo investigativo che potrà agevolare il lavoro del legale e rafforzare la pretesa di chi agisce in giudizio per il risarcimento del danno.
Mediante i cosiddetti atti atipici come l’osservazione statica o dinamica (pedinamento o appostamento), i rilievi video-fotografici e l’acquisizione di informazioni sul dipendente l’agenzia può supportare il datore di lavoro nel produrre prove che serviranno a sostenere la pretesa in giudizio nei confronti del dipendente infedele che potrà essere condannato al risarcimento dei danni.
Ecco alcuni tipi di reato su cui indaghiamo: spionaggio industriale, dipendente infedele, boicottaggio, acquisizione tramite storno di dipendenti, e di notizie riservate di pertinenza di un'impresa concorrente, violazione di norme pubblicitarie, violazione del patto di non concorrenza, Concorrenza sleale per sviamento della clientela, la cosiddetta concorrenza parassitaria.
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