Autore: Dott.sa Psicologa Chiara Cemmi - Consulente esperto di Stalking
Il termine stalking, e quindi stalker, deriva dal verbo to stalk, ossia "camminare con circospezione", "camminare furtivamente", "colui che cammina in modo furtivo" indicante anche il "cacciatore in agguato".
Lo stalker è una persona che mette in atto comportamenti persecutori nei confronti di una seconda persona come minacce, pedinamenti, molestie e attenzioni indesiderate. Lo stalker può essere un ex partner, un conoscente, un collega o uno sconosciuto e le motivazioni che lo spingono ad agire possono essere varie, dalla gelosia alla vendetta.
Lo stalking o sindrome delle molestie assillanti è un insieme di comportamenti ostili e ripetuti finalizzati all’intrusività nella vita di una persona che risulta la vittima degli agiti del molestatore e che si trova a vivere la situazione con angoscia, preoccupazione e sofferenza psicologica, arrivando persino a compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana.
È importante comprendere che dietro ai comportamenti di molestia da parte degli stalker possono celarsi motivazioni anche molto differenti tra loro.
A questa conclusione si è giunti in seguito a studi che hanno esaminato il profilo psicologico di numerosi stalker individuando cinque tipologie di stalker, distinti in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale (Mullen et al., 1999).
Primo passaggio importante per svolgere tale attività è riconoscere quale tipologia di stalker si dovrà valutare tra le cinque proposte da Mullen e colleghi. Ciò è fondamentale perché, dal momento che varia la motivazione sottostate l’agito, variano anche i fattori di rischio sia di possibili agiti violenti che di recidive future.
Comprendere cosa spinge una persona a mettere in atto tali comportamenti e, soprattutto, quali fattori di rischio risultano presenti o meno nella specifica situazione, può consentire di attuare piani di gestione più accurati e mirati.
Con riferimento allo Stalker Rifiutato sovente vi è, nel pensiero comune, una sovrapposizione tra comportamento stalkizzante e comportamento maltrattante dei propri partner. Trattasi invece di due agiti diversi che, a volte, possono coesistere ma che non sono interconnessi.
Innanzitutto è bene specificare che prima caratteristica di questa tipologia di stalker è la presenza di una rottura del legame relazionale tra stalker e vittima, precedente all’inizio di agiti persecutori. Questo implica che, nel corso della relazione in atto, un futuro stalker può non aver tenuto comportamenti maltrattanti col proprio partner (e ciò comporta altresì che partner maltrattanti non per forza diventeranno stalkizzanti in futuro), mentre è utile sottolineare che se un ex partner maltrattante attua comportamenti di stalking, questo è da ritenersi un fattore di rischio per possibili agiti violenti.
La vittima pertanto è principalmente l’ex partner, ma possono venire o sentirsi colpiti anche parti terze (come un attuale partner o membri della famiglia), e la motivazione alla base del comportamento può essere il tentativo di re-instaurare il legame oppure il desiderio di vendetta a seguito del rifiuto della vittima.
Pertanto, ciò che fa sì che il comportamento stalkizzante perduri nel tempo è sia un desiderio di mantenere una seppur distorta forma di vicinanza con la vittima, che il tentativo di portare avanti la propria rivalsa.
La natura specifica del legame presente tra vittima e stalker, correlata da un insieme di elementi emotivi molto forti, da un lato può rendere difficoltoso spezzare il ciclo di comportamenti persecutori, dall’altro consente una raccolta di informazioni sullo stalker stesso molto più dettagliata, che può permettere una quanto più possibile puntuale analisi del rischio non solo di agiti violenti, ma anche di eventuali ricadute future nel comportamento stalkizzante.
Infatti, oltre alla necessità in qualunque caso di stalking da parte della vittima di conservare e comprovare la presenza (e la frequenza) di:
può fornire indicazioni in merito ad alcuni aspetti personali e comportamentali dello stalker (come ad esempio la presenza di eventuali diagnosi psichiatriche, la tendenza ad agire impulsivamente, lo stile affettivo, modalità di gestione della rabbia/stress, eventuali abusi di sostanze pregresse o attualmente in atto), che sono elementi fondamentali per poter fornire un’analisi della minaccia dettagliata e utile per effettuare piani di gestione quanto più efficaci possibili.
Tipicamente lo Stalker Risentito è colui che agisce nel momento in cui percepisce di essere stato vittima di un’ingiustizia o di un’umiliazione. Pertanto la vittima di tale tipologia di stalker è tipicamente una persona che è percepita dallo stalker stesso come colei che ha causato tale ingiustizia con le proprie azioni o perché rappresentate di un gruppo vissuto come oppressivo, per cui ritiene necessario agire spinto da un desiderio di vendetta.
Ciò che fa proseguire il comportamento di stalking è quindi da un lato il tentativo di essere risarcito dall’ingiustizia percepita ma anche il senso di potere e controllo che deriva dal perseguitare la propria vittima.
Trattasi tipicamente di personalità molto fragili che possono provare un enorme gratificazione dal percepirsi, forse per la prima volta, come dominanti e aventi il controllo della situazione. Sovente possono viversi come difensori di diritti nella lotta con aggressori più potenti di loro e, pertanto, possono sentire di essere giustificati nelle proprie azioni.
Stalker e vittima, in questa tipologia, possono sia essere conoscenti stretti sia occasionali (come colleghi di lavoro): questo fa sì che l’identificazione dello stalker in un primo momento risulti difficoltosa, dal momento che lo stesso potrebbe attuare agiti in forma anonima (vedasi la stesura di lettere anonime).
La difficoltà che si riscontra nella valutazione dei fattori di rischio di questa e delle successive categorie di stalker risiede proprio nella possibilità che il persecutore non sia fin da subito noto alla vittima, ossia che quest’ultima si trovi ad essere bersaglio di comportamenti indesiderati ma che restano anonimi.
Questo potrebbe rendere innanzitutto difficoltosa l’individuazione della tipologia di stalker, tuttavia è probabile che dalla natura dei messaggi e dei contatti che vengono perpetrati, sia possibile intuirne la motivazione sottostante.
Pertanto, anche in questa, come nelle successive, rimangono fattori preponderanti la presenza di minacce, comportamenti di approccio, invio di materiale (lettere, materiale organico e similari) e danni alla proprietà.
È tuttavia possibile rilevare alcuni fattori di rischio specifici, una volta ipotizzata la motivazione sottostante.
Nel caso dello Stalker Risentito risultano molto forti, come rischio per agiti violenti e per eventuali recidive, sia la manifestazione nei propri agiti di elevati livelli di rabbia che di ideazioni paranoidi (ndr.: con tale definizione si intendono comportamenti caratterizzati da elevata sospettosità o diffidenza nei confronti del comportamento degli altri, letto principalmente come malevolo nei propri confronti o nei confronti dei propri affetti) o chiari deliri di persecuzione, così come un terzo fattore di rischio molto forte è il fallimento dei propri sforzi di ottenere giustizia.
Questo ultimo aspetto può portare ad un aggravarsi della tipologia di comportamenti persecutori messi in atto per ottenere il risultato desiderato.
Qualora invece si sia a conoscenza dell’identità dello stalker, è altrettanto importante tener conto di eventuali non ottemperanze di ordini previsti dal tribunale (come ordini restrittivi) o del fatto che i comportamenti persecutori possano essere cessati solo e unicamente a seguito dei predetti ordini (fatto questo che può far ben supporre una loro ripresa una volta conclusi i termini delle istanze).
Forti aggravanti del rischio sono inoltre la presenza di alcuni tratti di personalità disfunzionali, così come possibili esposizioni a stress situazionali e/o emotivi (come la perdita del lavoro o problemi familiari contingenti), che possono provocare destabilizzazione e deterioramento dello stato mentale.
Lo stalker definito come Cercatore di Intimità solitamente giunge da un contesto dove prevale un senso di solitudine, mancanza di affetti profondi come legami intimi o anche solo amicali.
Tipicamente la vittima pertanto è una persona estranea allo stalker stesso (come una figura pubblica o qualcuno incontrato casualmente) oppure un conoscente con cui lo stalker ha pochi contatti (derivanti per esempio dall’ambiente di lavoro, o dalla vicinanza delle abitazioni). Il primo motivo che spinge lo stalker al proprio comportamento persecutorio è la ricerca di un contatto intimo con la propria vittima.
Ciò che permette di mantenere tale forma disfunzionale di comportamento è la presenza, nel persecutore, di ideazione immaginata o delirante della presenza di una relazione reale, anche quando non surrogata o addirittura negata da fatti concreti: la sensazione di avere finalmente un contatto intimo o amicale con la propria vittima risulta essere più gratificante e pervasiva dell’analisi concreta delle reazioni effettive della vittima stessa. Pertanto, si può affermare che il Cercatore di Intimità nutre una fissazione morbosa nei confronti della propria vittima.
Il Cercatore di Intimità, forte della propria ideazione di relazione con la vittima, può avere più difficoltà a riconoscere e comprendere lucidamente le risposte non soltanto negative ma anche di forte disagio che la vittima gli rimanda.
Si ritiene che il rischio di agiti violenti e di recidive sia maggiore nel caso vi sia una perseverazione sia della convinzione che la vittima ricambi l’affetto che della ricerca di contatti con la stessa.
Pur con tali premesse, la fissazione morbosa percepita dallo stalker può non avere caratteristiche così pervasive da essere considerata un delirio, ma qualora si percepisca la presenza di forme di ideazione paranoide o deliri di persecuzione, questi costituiscono un forte indice di rischio.
Uno dei fattori di rischio specifici di questa tipologia è inoltre il riconoscimenti del fallimento nel tentativo di instaurare un legame con la vittima: questo fatto aumenta il rischio soprattutto di agiti violenti, dal momento che proprio la mancanza di capacità di lettura dei segnali reali fa sì che tale fallimento venga letto dallo stalker come colpa di persone terze che si sono inserite nella sua relazione immaginata. E, strettamente collegato a quanto detto finora, anche un elevato livello di rabbia può risultare compromettente per la situazione.
Anche in questo caso, come nei precedenti, la presenza di tratti di personalità disfunzionali è considerato un fattore di rischio, così come l’esposizione a stress situazionali e/o emotivi e, non meno importante, il livello di isolamento sociale del persecutore (la presenza di un network di relazioni, pur se di scarsa entità e pur se disfunzionali, è considerato un fattore di resilienza, dal momento che evidenzia la presenza di skills sociali nel persecutore).
Come lo stalker Cercatore di Intimità, anche il Corteggiatore Incompetente arriva da un contesto caratterizzato da solitudine, ma a differenza del precedente, è spinto prevalentemente dal desiderio di instaurare una relazione intima con la vittima, che, anche in questo caso, è un estraneo o un conoscente. Ciò che caratterizza tale categoria è la modalità di approccio, rozza e inappropriata, con la quale si tenta di instaurare il legame.
Trattasi quindi di una categoria molto simile, per motivazione, a quella del Cercatore di Intimità; infatti anche in questo caso, spesso il persecutore è cieco ai segnali di rifiuto e di disagio che provengono dalla vittima. A differenza però del cercatore di intimità, il Corteggiare Incompetente spesso desiste e cessa i propri agiti persecutori quando non sopraggiungono risposte positive o quando lo stesso realizza che il proprio approccio non è desiderato.
È più probabile tuttavia che tale conclusione non sopraggiunga quando la vittima è una persona conosciuta (come un collega di lavoro), fatto questo che spinge il persecutore a ritenere che, nel perseverare coi propri agiti, possa prima o poi “far breccia nel cuore” della vittima.
Data la somiglianza di questa tipologia con la precedente, alcuni dei fattori di rischio sono in comune, come ad esempio l’elevato livello di rabbia provato o la presenza di attuale isolamento sociale e scarse abilità sociali.
Ciò che differenzia tale categoria dalla precedente è che viene considerato come fattore di rischio sia la giovane età che la presenza di limitazioni nelle abilità cognitive.
Inoltre, dal momento che tendenzialmente risposte negative da parte della vittima portano a una riduzione spontanea del comportamento stalkizzante, questi viene invece rafforzato qualora lo stalker abbia una forte percezione di essere autorizzato nel proprio comportamento, si senta quindi in diritto di agire con atti anche persecutori, rimanendo indifferente o disinteressato a risposte di disagio da parte della vittima.
A ciò si aggiunge un forte senso di egocentrismo, che pertanto rende il persecutore cieco di fronte a dati di realtà che non vengano direttamente dalle proprie sensazioni e percezioni e che lo rende incapace di porsi nei panni della vittima e di mettere in secondo piano il proprio obiettivo per il benessere altrui.
Lo stalker Predatore agisce spinto da interessi sessuali devianti e pratiche inusuali. Tendenzialmente la vittima è una persona estranea (tipicamente una donna o un minore, più raramente una figura di dominio pubblico), fatto questo che rende sovente difficile l’individuazione dello stalker qualora agisca inizialmente in forma anonima. La motivazione sottostante pertanto è il desiderio di prepararsi ad un attacco, solitamente di natura sessuale: non quindi la ricerca di una relazione, ma un agito che parte già di partenza con una carica di violenza e di prevaricazione sull’altro.
Ciò che fa sì che il comportamento sia mantenuto nel tempo è il piacere che il predatore percepisce da atti di voyeurismo, dall’immaginare e pianificare il futuro attacco e dal senso di potere e di onnipotenza che scaturisce dall’idea di avere il controllo sul destino delle proprie vittime ignare.
Questa tipologia di stalker spesso può avere condotte pregresse di violenze sessuali, ammesse direttamente dal persecutore o rilevabili da precedenti condanne.
La particolare natura di questa tipologia di stalker rende complessa la loro valutazione per svariati motivi: dapprima, sovente agiscono in modalità anonima e riducono molto i contatti diretti con la vittima, dal momento che traggono maggior piacere da atti immaginativi (sono più frequenti i comportamenti di pedinamento e voyeurismo), fatto questo che a volte può rendere la vittima non consapevole di essere oggetto di interesse di questi individui fino all’eventuale attuazione dell’attacco.
Restano infatti, come precedente affermato, forti fattori di rischio la ricerca di comunicazioni (spesso in forma anonima) con chiari intenti minatori e i comportamenti di approccio, elementi che possono far intendere come lo stalker tragga piacere proprio dal tormentare la propria vittima, dall’instillare in lei paura e percezioni di fragilità, oltre al fatto che le varie tipologie di approccio possono far emergere la presenza o meno di ideazioni di attacchi concreti di natura sessuale.
Infatti, i principali fattori di rischio specifici per questa categoria sono proprio la presenza di ideazioni o intenti di agiti sessuali violenti, elementi complesso da rilevare (soprattutto se gli unici agiti posti in essere sono nascosti anche alla vittima stessa) e l’estraneità con la vittima.
Altri elementi molto importanti per la valutazione del rischio riguardano eventuali violazioni di precedenti ordini del tribunale (se presenti e se noti), diagnosi di parafilia o deviazioni sessuali e tratti di personalità disfunzionali.
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Autore: Dott.sa Chiara Cemmi
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Divisione Psicologia Investigativa
Fonti:
Mullen P, Pathè M, Purcel R, Stuart GW. Study of stalkers. Am J Psychiatry 1999; 156: 1244
Mullen, P.E., Pathè, M., Purcell, R. (2009) Stalkers and their Victims. 2nd Edition. Cambridge University Press: Cambridge.
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