L’art. 612 bis del Codice Penale - rubricato “atti persecutori” - è stato introdotto nel 2009 a causa delle difficoltà incontrate nel fronteggiare il fenomeno dello stalking con le antecedenti disposizioni normative: fattispecie quali molestia, ingiurie, violenza privata e lesioni, infatti, risultavano, difficilmente applicabili nel caso in cui lo stalker non avesse ancora posto in essere comportamenti violenti.
La risposta approntata dal legislatore ha portato, quindi, all’introduzione dell’art. 612 bis c.p. [Aggiornato al 09/08/2019], con il quale “è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Inoltre al 2° e 3° comma sono state introdotte due circostanze aggravanti. La pena sarà aumentata fino a un terzo qualora il fatto venga commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da un soggetto che in passato è stato legato alla persona offesa da una relazione affettiva, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici(1).
Il comma successivo prevede un aumento della pena fino alla metà qualora gli atti persecutori vengano commessi ai danni di soggetti più deboli quali minori, donne in stato di gravidanza o persone disabili e nel caso in cui le modalità di commissione del fatto appaiano pericolose per l’incolumità della vittima o idonee ad accrescere l’effetto intimidatorio sulla stessa, per esempio uso di armi o persona travisata.
Il reato di stalking è stato introdotto con l’obiettivo di fornire una tutela penale adeguata alle ipotesi in cui minacce o molestie si manifestino in maniera reiterata, anche senza sfociare in condotte violente. La ratio legis consiste nella tutela della libertà personale, morale e psichica della persona vittima di reiterate minacce o molestie: tali comportamenti, per essere rilevanti ai fini dell’art. 612 bis c.p., devono necessariamente ingenerare, alternativamente, almeno uno dei seguenti eventi:
Ai fini della configurabilità del reato in esame, è sufficiente che tali condotte abbiano un effetto destabilizzante sullo stato d’animo e sull’equilibrio psicologico della vittima, anche senza l’accertamento clinico di uno stato patologico.
Con perdurante e grave stato di ansia o di paura, la norma fa riferimento a forme patologiche di stress e alterazioni dell’equilibrio psicologico riscontrabili oggettivamente: è necessario che il mutamento delle condizioni di normale stabilità psicologica della vittima sia accertato attraverso il riscontro di elementi di forte turbamento, desumibili - in particolare - dal raffronto tra la situazione pregressa e quella successiva alla condotta offensiva, valutando l’idoneità della stessa a causare l’evento.
Il secondo evento si riferisce al fondato timore per la propria incolumità, di un prossimo congiunto o di una persona legata alla vittima da una relazione affettiva (2).
Il timore può ritenersi fondato quando venga accertata la concretezza e l’oggettività della situazione di paura vissuta dalla vittima, in presenza di elementi idonei a condurre in tale stato psicologico qualsiasi soggetto dotato di un normale equilibrio emotivo.
Infine, l’art. 612 bis fa rifermento a reiterate condotte che costringano la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita. In questo caso, si rende necessario considerare le conseguenze emotive che le minacce o molestie reiterate provocano rispetto alle significative abitudini di vita della vittima e non valutare solamente a livello quantitativo i mutamenti che ne conseguono.(3)
L’accesso ad Internet ha drasticamente modificato la comunicazione e le relazioni personali nella società contemporanea, aggiungendo nuovi strumenti all’arsenale dei potenziali stalker. In questo contesto, è emerso un fenomeno noto come cyberstalking, inteso come la reiterata messa in atto di minacce o molestie attraverso strumenti informatici, al fine di ingenerare paura e angoscia nella vittima: inviare enormi quantità di email e messaggi offensivi o minatori, pubblicare materiale lesivo della dignità della vittima o assumerne l’identità per inviare o pubblicare contenuti compromettenti, sono solo alcune delle forme in cui può manifestarsi il cyberstalking.
In questo senso, risulta maggiormente difficoltosa l’individuazione degli elementi costitutivi del reato, dal momento che il cyberstalker agisce spesso nell’anonimato, rendendo difficile l’identificazione e la localizzazione, avendo anche la possibilità di cancellare le proprie tracce in rete. Per questo motivo, senza le adeguate competenze informatiche e giuridiche, risulta complicato raccogliere elementi producibili in giudizio per dimostrare di essere vittima di cyberstalking.
Ai fini della configurabilità del reato di stalking, non è necessario che la vittima individui e descriva nello specifico uno o più degli eventi alternativi del delitto, dal momento che la prova degli stessi può desumersi dal complesso degli elementi fattuali acquisiti e dalla condotta tenuta dallo stalker.
L’Agenzia Investigativa Dogma S.p.A. svolge indagini anti stalking, mirate finalizzate ad accertare reiterati comportamenti recanti minacce o molestie ed identificarne gli autori, raccogliendo prove utilizzabili in giudizio.
In caso di stalking, la valutazione della minaccia consente di ottenere un profilo dell’offender utile alla vittima come prevenzione e pianificazione delle strategie comportamentali più efficaci da adottare. In questo senso, le ricerche della Dott.ssa Chiara Cemmi - Divisione di Psicologia Investigativa di Dogma - hanno contribuito a portare in Italia nuovi strumenti come lo Stalking Risk Profile, con il quale è possibile valutare la tipologia di stalker, la sua potenziale capacità offensiva e, di conseguenza, considerare quale comportamento sia più idoneo adottare. Inoltre, l’attività investigativa viene svolta verificando i movimenti dello stalker con pedinamenti e appostamenti, al fine di raccogliere prove inconfutabili degli atti persecutori e fornire un supporto all’attività dell’Autorità Giudiziaria.
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Note:
(1) Tale comma è stato così modificato dall’art. 1, comma 3, lett. a), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93 convertito dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(2) La Cass. Pen. n.11920/2018 ha stabilito che per “relazione affettiva” non s’intende necessariamente la stabile condivisione della vita comune, ma anche il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione.
(3) Cass. Pen. n.10111/2018: in tema di atti persecutori, ai fini dell'individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 612 bis cod. pen., occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate.
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