A partire dagli anni ’60 –’70 l’economia mondiale è stata caratterizzata da una crescente integrazione commerciale e da un accelerato sviluppo degli investimenti esteri. Il verificarsi di questi profondi cambiamenti ha determinato il sorgere di una nuova e interessante disciplina: la disciplina del Rischio Paese.
Come gli economisti ci insegnano, il rischio è una variazione delle performance di un’impresa o di un investimento, che può manifestarsi in una perdita o in un guadagno. L’espressione “Rischio Paese” o “Country Risk” ci induce, quindi, a pensare al verificarsi di eventi in un Paese che procurerebbero perdite agli investitori in quel Paese e i primi avvenimenti che la mente ci richiama sono le catastrofi naturali, capaci di annientare letteralmente uno Stato e la sua economia.
Ma il Rischio Paese abbraccia un’area molto più vasta e profonda e, a causa della varietà di fonti informative che si occupano di tale problema e delle importanti conseguenze che produce sui differenti tipi di investimento, una definizione univoca di Rischio Paese manca ancora oggi.
Si tratta infatti di un concetto dai confini poco chiari che comprende un’ampia serie di situazioni differenti e che necessita di una prospettiva globale, in quanto le fonti di rischio interagiscono tutte tra di loro e possono impattare su più di uno o su tutti i settori dell’economia. Per questo motivo, pare necessario rifarsi a una definizione che sia il più ampia possibile, come quella proposta da Duncan H. Meldrum2:
“Per Rischio Paese si intende l’insieme dei rischi che non si sostengono se si effettuano delle transazioni nel mercato domestico ma che emergono nel momento in cui si effettua un investimento in un Paese estero. Detti rischi sono prevalentemente imputabili alle differenze di tipo politico, economico e sociali esistenti tra il Paese originario dell’investitore e il Paese in cui viene effettuato l’investimento.”
È bene sottolineare come non esistano Paesi privi di rischio: oggi, anche i Paesi economicamente e socialmente più avanzati possono essere temporaneamente bloccati da eventi paralizzanti (basti pensare alla data dell’11 settembre 2001).
È possibile individuare almeno 6 diverse categorie di rischio1:
rischio sovrano (sovereign risk): riguarda la capacità (ability to pay) o la volontà (willingness to pay) di governi nazionali, banche pubbliche o enti pubblici nazionali di onorare impegni contratti in relazione a operazioni finanziarie e/o commerciali;
rischio economico: riguarda fattori quali la crescita/decrescita economica, il calo delle esportazioni e/o il disavanzo commerciale, lo stock di indebitamento, la capacità residua di indebitamento e/o l’adeguatezza delle risorse valutarie, il tasso d’inflazione ecc.
rischio politico: si riferisce a eventi di natura non economica (restrizioni al commercio estero, espropriazioni e/o nazionalizzazioni, capacità di formulare, implementare e far rispettare il diritto, burocrazia e/o corruzione, livello di democrazia e grado di rappresentazione delle minoranze, grado di sperequazione e iniquità sociale ecc.);
rischio di trasferimento: concerne la sicurezza del sistema bancario e la sua indipendenza dal controllo del governo, la possibilità che le autorità monetarie del paese possano introdurre restrizioni ai movimenti di capitale, alla convertibilità della valuta locale, al rimpatrio di dividendi e/o profitti, all’introduzione di oneri (per esempio fiscali) in sede di trasferimento di mezzi finanziari all’estero;
rischio di cambio: riguarda la possibilità che variazioni delle parità valutarie fra la moneta del paese e quella dell’operatore straniero possano deprezzare il valore di attività detenute nel paese estero o comunque ridurre il valore delle esportazioni. Tale effetto può essere conseguito anche per via della decisione delle autorità monetarie del paese di cambiare regime valutario, per esempio abbandonando un sistema a cambi fissi a beneficio di un sistema a cambi variabili secondo il mercato;
rischio di posizione: si riferisce all’ubicazione geografica-territoriale del Paese e quindi al fatto che lo stesso possa subire più o meno il contagio dei paesi limitrofi in cui potrebbero esservi situazioni di conflittualità interne o esterne, situazioni di iniquità sociale e povertà foriere di disordini sociali in misura tale da influenzare il Paese;
L’insieme di questi rischi configura il Rischio Paese o Country Risk, da cui dipende la vulnerabilità degli utili e degli investimenti delle aziende che operano a livello internazionale.
Per questa ragione, il suo livello e variazione sono un indicatore strategico e operativo fondamentale per le imprese attive all’estero che deve essere costantemente monitorato. Ma come gestire il Rischio Paese?
Dogma, come Agenzia investigativa a carattere internazionale, ha al suo interno un team di analisti in grado di fornire alle aziende assistenza e supporto di “Country briefing” al fine di garantire un’attenta e accurata valutazione del profilo di rischio del Paese target, anticipando o prevedendo eventuali elementi di minaccia all’attività dell’azienda Cliente (ad es. rischi di brusco calo economico, violenza politica, possibilità crisi future, ecc.).
Inoltre, in accordo con il Cliente, si possono predisporre servizi customizzati e una rete di supporto dedicata per ricevere informazioni e aggiornamenti.
Autore: Luca Pittavino
Dogma S.p.A.
NOTE:
1 Meldrum DH, 2000, “Country Risk and Foreign Direct Investment”, Business Economics, Jul., 34, 30 – 7.
2 Meldrum DH, 2000, op. cit.
Un sito non basta a risolvere ogni dubbio e soprattutto a far fronte a tutte le necessità. Utilizza il form qui a lato o la CHAT per contattarci, prenotare un appuntamento e chiederci informazioni.