Con sentenza n. 38882/2018, la Corte di Cassazione ribadisce il divieto per il datore di lavoro di installare telecamere atte a riprendere i dipendenti nell’esercizio delle proprie mansioni. Tale divieto vige anche qualora a prestare l'espresso consenso siano gli stessi lavoratori, e questo perché il consenso, ancorché espresso, non può essere ritenuto una scriminante rispetto al reato configurato dall’art. 4 della Legge 300/70.
La sentenza in esame ha quindi riconosciuto come l’installazione di apparecchiature di videosorveglianza - seppur impiegate per esigenze organizzative, produttive, per la sicurezza sul lavoro e per la salvaguardia del patrimonio aziendale – debba sempre essere concordata in un accordo formale tra il datore di lavoro e rappresentanti sindacali dei dipendenti. Qualora poi l’accordo non venga raggiunto, l'installazione di telecamere deve essere necessariamente preceduta dalla richiesta di autorizzazione da parte della locale Direzione territoriale del lavoro, che deve prendere atto del mancato accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori.
In assenza di un accordo sindacale o di un provvedimento di autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, l’installazione dell’apparecchiatura è pertanto Illegittima e può determinare l’applicazione di sanzioni penali. Come peraltro precisato da una successiva sentenza (n. 38884/2018), il reato si considera estinto se, in seguito a visita ispettiva, il datore di lavoro che non abbia adempiuto ai propri obblighi, adempia tempestivamente alle prescrizioni di cui alla Legge 300/70.
La ragione sottesa alla scelta del legislatore di attribuire alle rappresentanze sindacali aziendali, o in mancanza di accordo, all’Ispettorato del Lavoro, il compito di valutare l’esistenza effettiva delle esigenze aziendali previste dalla citata disposizione, è quella di garantire un controllo da parte di soggetti competenti e dotati di una maggiore forza economico-sociale rispetto ai singoli dipendenti, i quali, nel rapporto contrattuale con il datore di lavoro, rappresentano la parte debole e dunque facilmente condizionabile.
Ciò premesso, è opportuno precisare che, qualora si dovessero configurare gli estremi di una condotta illecita (quali, ad esempio, furti in azienda, violazioni dell’obbligo di fedeltà, atti di concorrenza sleale, truffe, utilizzo improprio di beni aziendali ecc.), è pacifico che il datore di lavoro possa compiere un’attività di monitoraggio, anche occulta, del dipendente.
Si parlerà quindi di controlli difensivi occulti, che possono risultare legittimi anche in assenza di un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali.
Nel fare ciò, il datore di lavoro può avvalersi dell’ausilio di agenzie investigative specializzate e, per il tramite di queste ultime, installare apparecchiature di videosorveglianza, anche occulte, atte ad accertare la natura delle azioni predette e verificarne gli eventuali autori.
In tale ambito, Dogma s.r.l. vanta un’esperienza ventennale e dispone di tutte le competenze necessarie per sviluppare indagini ad hoc e soddisfare al meglio le esigenze dei propri clienti. I servizi vengono espletati attraverso attività d'intelligence (raccolta informazioni ed analisi) e attività operative (osservazione dinamica, sopralluoghi, interviste, ecc.). La finalità è quella di raccogliere prove documentali e testimoniali da utilizzare in fase stragiudiziale o giudiziale.
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