L’assenteismo sul lavoro si verifica ogniqualvolta il dipendente si assenta dal proprio luogo di lavoro e non svolge quindi le mansioni previste dal contratto. Il dipendente può essere assente per validi motivi (malattia, ferie, assistenza a un parente disabile, partecipazione ad assemblee sindacali, congedi di maternità, paternità o matrimoniali), avendo seguito un iter per comunicarlo all’azienda e quindi, di fatto, in accordo con essa. Si parla quindi di assenteismo giustificato.
Laddove invece il dipendente si assenta senza darne notizia all’azienda e senza addurre motivi plausibili si avrà un assenteismo ingiustificato, foriero di conseguenze diverse che vanno dal licenziamento per giustificato motivo soggettivo o, nei casi più gravi, per giusta causa fino alle sanzioni penali.
È l’assenteismo ingiustificato ad avere conseguenze negative per l’azienda perché mette il datore di lavoro nella condizione di dover sopperire alla mancanza, spesso improvvisa, del lavoratore con un riflesso, in alcuni casi, anche sul piano economico.
Dietro all’assenteismo può peraltro celarsi un tentativo di ripicca del lavoratore che usa le assenze ingiustificate come arma per danneggiare il datore di lavoro con il quale è in diatriba.
L’assenteismo non è espressamente qualificato come illecito né dal Codice civile né dal Codice penale ma la condotta, in ambito civilistico, viola gli obblighi di diligenza (art. 2104 c.c.), di fedeltà (art. 2105 c.c.) nonché l’obbligo di esecuzione in buona fede del contratto (art. 1375 c.c.).
È tuttavia possibile che l’assenteismo sul lavoro sfoci in un reato se è connesso a un abuso dei permessi retribuiti. Va infatti considerato che i permessi sono sostenuti economicamente dall’INPS, quindi dallo Stato, e chi ne abusa rischia di vedersi contestare il reato di truffa aggravata (art. 640 c.p.).
Il reato è invece quello di falsità materiale commessa dal privato – previsto dall’art. 482 c.p. – se il dipendente falsifica o altera il certificato di malattia prodotto dal medico. Lo stesso medico rischia di incorrere nel reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale (art. 479 c.p.).
Sul piano civilistico, il datore di lavoro potrebbe agire anche per il risarcimento del danno qualora avesse la possibilità di provare che l’assenza ingiustificata del proprio dipendente ha causato un danno economico all’attività.
Come abbiamo già visto, le prime e principali conseguenze sono di natura disciplinare. Se l’assenza ingiustificata è singola o comunque non reiterata il datore di lavoro può optare per un semplice richiamo all’indirizzo del dipendente.
Nei casi più gravi, laddove è dimostrabile che l’assenza dal lavoro è preordinata a causare un danno all’azienda, il datore di lavoro può procedere anche al licenziamento per giusta causa in quanto si può parlare di grave violazione e di lesione del vincolo fiduciario derivante dal rapporto di lavoro.
Sul piano penale il dipendente che falsifica un certificato di malattia rischia fino a due anni di reclusione, e fino a cinque anni – con restituzione degli emolumenti percepiti – nel caso in cui abusi di permessi retribuiti.
I casi di assenteismo assumono un’eco piuttosto ampia nel settore pubblico dove non sono peraltro rari e a proposito dei quali i giudici, sia di merito che di legittimità, si sono più volte pronunciati riconoscendo quasi sempre i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato.
La Cassazione, con la sentenza n. 35344 del 29 settembre 2011, ha inoltre specificato – sempre con riferimento a settore pubblico – che rischia l’accusa di truffa anche il dirigente che copre il dipendente assenteista.
Quanto al settore privato la giurisprudenza di legittimità è stata chiamata a esprimersi più che altro su casi di licenziamento per il superamento del periodo di comporto nel caso delle assenze – qui però giustificate - per malattia.
Il dipendente può essere qualificato come assenteista se si assenta improvvisamente dal posto di lavoro in difetto di un regolare permesso, non dà comunicazione al datore o sfrutta una falsa malattia. Nel caso della malattia, il lavoratore dovrebbe comunicarlo e inviare all’azienda un certificato medico entro il terzo giorno dall’inizio della malattia stessa. Spesso la malattia viene simulata per prolungare anche solo di un giorno il fine settimana o un periodo di ferie e il dipendente rientra prima di dover fornire il certificato medico.
Può essere considerato assenteismo anche il caso di un dipendente che arriva sistematicamente in ritardo o lascia il posto di lavoro prima del termine dell’orario lavorativo, senza comunicarlo al datore o senza richiedere un permesso.
Le assenze di un giorno per malattia, non richiedendo certificato medico, possono essere utilizzate dal dipendente che ha come intento principale quello di danneggiare l’azienda per ripicca ed essere ripetutamente intervallate ai giorni di presenza, in una dinamica intermittente.
Esistono altri casi che rientrano nel concetto di assenteismo. Uno di questi è la falsa presenza sul posto di lavoro, ottenuta solitamente mediante la manomissione o la falsificazione dei badge e degli strumenti di timbratura (si pensi alle timbrature telematiche che possono essere fatte via pc o smartphone e che sono utilizzate da moltissime aziende, soprattutto di piccole dimensioni), o ancora con la compiacenza di colleghi che timbrano al posto del dipendente assenteista.
Vi è poi il caso del dipendente che pur risultando presente sul luogo di lavoro svolge altre mansioni (ad esempio anche per un concorrente) o attività personali.
L’assenteismo può peraltro essere di natura “strategica”, quando il dipendente ricorre regolarmente ai permessi per evitare mansioni gravose o sgradite.
Il datore di lavoro, per poter procedere a un licenziamento, dovrà procurarsi le prove della condotta illegittima del dipendente per sostenere la propria pretesa.
Nei casi in cui l’assenza dipenda da un permesso regolarmente richiesto ma utilizzato in modo illegittimo il datore non potrà fare altro che rivolgersi a un investigatore privato per monitorare il comportamento del lavoratore al di fuori dell’azienda. Attraverso l’osservazione a distanza (appostamento, pedinamento fisico o elettronico) e l’acquisizione di video e fotografie sarà possibile provare che il dipendente sta abusando del permesso. L’attività di investigazione privata può essere utile anche nel caso di assenze reiterate o intermittenti con le stesse modalità di monitoraggio.
Il dipendente che risulti assente per una parte della giornata o comunque mediante l’uso improprio dei sistemi di registrazione delle presenze può essere scoperto attraverso il monitoraggio dei dati sugli accessi oppure con l’ausilio delle riprese video all’interno dell’azienda. Su questo punto è intervenuta diverse volte la Cassazione specificando che le tutele previste dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (l. 300/1970) non si applicano al caso del dipendente assenteista. Il datore di lavoro può quindi utilizzare le immagini del sistema di videosorveglianza come prove del fatto (Cass. n. 33567/2016).
Nel caso del dipendente che si trova sul posto di lavoro ma svolge attività personali l’acquisizione di una prova può essere più difficile se non si ricorre alle riprese video, al controllo del pc e dei dispositivi in uso (soprattutto se si tratta di dispositivi aziendali), degli accessi internet e le attività non sono così evidenti.
La prima conseguenza dell’assenteismo ingiustificato è l’impatto che questo può avere sulle esigenze organizzative dell’azienda. In contesti molto strutturati un dipendente potrebbe facilmente essere sostituito ma nel caso di aziende nelle quali il lavoratore gestisce in maniera specializzata alcuni compiti (si pensi a un account che gestisce un certo numero di clienti in autonomia o a un qualsiasi dipendente che si occupa di una specifica mansione) la sostituzione non è così semplice. Va inoltre tenuto presente che l’assenza ingiustificata è per natura repentina e spesso non dà modo e tempo al datore di lavoro di trovare delle contromisure.
Tutto questo può naturalmente tradursi, in molti casi, in un danno di natura economica per l’azienda, soprattutto se le continue assenze impediscono un’organizzazione consona del processo di lavoro.
Non va poi dimenticato che l’assenza ingiustificata, soprattutto se reiterata nel tempo, può avere un impatto anche sul morale degli altri dipendenti che magari, per colpa del collega assenteista, si vedono affidare mansioni aggiuntive o si sentono penalizzati.
Le aziende possono tutelarsi, preventivamente, adottando sistemi per il monitoraggio delle assenze, sensibilizzando i dipendenti e, laddove l’assenza si verifichi, a non utilizzare da subito le misure più severe per sanzionare il lavoratore.
Abbiamo visto che per agire contro il dipendente assenteista è necessario procurarsi delle prove, sottoporlo eventualmente a un monitoraggio e a un’osservazione durante le ore di assenza dal lavoro o mentre è presente. Si tratta di attività che solo professionisti esperti possono condurre con una adeguata efficacia.
Per questo Dogma S.p.A. è in grado di assistere e accompagnare l’azienda che sospetti casi di assenteismo sul lavoro, individuando la strategia migliore e svolgendo tutte le attività di indagine nel pieno rispetto delle normative vigenti.
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