Sulla possibilità di utilizzare come prova nel processo la relazione sulle indagini svolte dall’investigatore privato occorre, in primis, differenziare “l’ingresso” delle prove raccolte da quest’ultimo nel processo penale, rispetto all’utilizzo delle stesse nel processo civile, sebbene ammissibili in entrambe le sedi.
Il codice di procedura penale, all’art. 327 bis, dispone espressamente che l’avvocato difensore, nell’espletamento dell’attività investigativa, che ha facoltà di svolgere per ricercare elementi di prova utili al suo assistito, possa incaricare un investigatore privato autorizzato per lo svolgimento di tali attività. Gli articoli 391 bis c.p.c. e seguenti disciplinano poi l’acquisizione di tali prove.
Per quanto riguarda, invece la validità delle prove raccolte dall’investigatore privato in sede processuale civile, occorre osservare che la relazione redatta dal medesimo sulle indagini effettuate, è annoverata tra gli scritti del terzo che non è parte in giudizio ed è, pertanto, considerata una prova cosiddetta “atipica”.
All’uopo, occorre preliminarmente ricordare che il codice di procedura civile non prevede che le parti possano fornire prove non espressamente indicate dal legislatore, delle quali ne è invece permesso l’utilizzo in sede penale.
Tuttavia, la dottrina ritiene che, attesa la producibilità di prove atipiche nel processo penale, debba esserne legittimato l’utilizzo anche in sede civilistica. A ciò si aggiunga che, nell’ordinamento processuale vigente, improntato al principio del libero convincimento del Giudice, manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova che porta a ritenere l’elencazione di quelli indicati esemplificativa e non esaustiva, non impedendo, dunque, l’ingresso nel processo di prove atipiche che potranno essere poste a fondamento della decisione del magistrato, purché quest’ultimo ne fornisca un’adeguata motivazione.
Sul punto, è intervenuta un’ordinanza del Tribunale di Milano nel 2013 che ha confermato la natura di prova atipica della relazione investigativa, quale scritto del terzo formato in funzione testimoniale, precisando tuttavia che tale prova potrà “avere piena efficacia probatoria in quanto il suo contenuto venga acquisito al procedimento mediante prova orale”.
Pertanto, sebbene non possa trovare ingresso nel processo civile la relazione investigativa in veste di documento, le prove in essa contenute possono entrare in causa chiamando il detective a testimoniare e, dunque, sentendolo oralmente nelle forme previste dal codice di procedura civile, su fatti precisi, circostanziati e chiari che lo stesso ha appreso direttamente durante lo svolgimento delle indagini.
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