L’assunzione di candidati affidabili e dotati di un solido background professionale e formativo è da sempre una delle principali preoccupazioni per le aziende e soprattutto per chi gestisce il processo di selezione. Assumere una persona sbagliata o un lavoratore con un curriculum che non trova riscontro nella realtà può avere conseguenze negative sulla produttività ma quando si tratta di figure apicali, dirigenti o quadri il rischio è anche quello di un danno reputazionale, nonché di sicurezza.
Per questi motivi le aziende sono sempre più inclini a procedere con un’attività di credibility check, per valutare appunto la “credibilità” del candidato, approfondendo quanto viene comunicato attraverso il curriculum con tecniche investigative.
Il credibility check verte proprio sull’accertamento della credibilità del candidato più che le sue esperienze pregresse che possono invece essere valutate con il più semplice dei background check (la classica e ormai proverbiale telefonata che un datore può fare all’ex datore del candidato per verificare come questi lavorasse).
Il credibility check ha un’importanza fondamentale soprattutto se il candidato che si sta ricercando dovrà assumere posizioni apicali, avrà a che fare direttamente con il management o ricoprirà ruoli di particolare responsabilità.
Credibilità, in ambito aziendale, fa rima con affidabilità e integrità professionale e un candidato che mostra di essere credibile, di avere un background certificato e immacolato garantisce all’azienda una maggiore serenità nell’attribuirgli mansioni cruciali per la gestione oltre a costituire un valore aggiunto e un vantaggio competitivo rispetto ad altre società concorrenti.
Esiste inoltre una motivazione reputazionale. Un candidato che manca di credibilità o che ha “scheletri nell’armadio” rischia di danneggiare l’immagine pubblica dell’azienda con inevitabili conseguenze sulla brand reputation.
Vi è poi una questione, non certo trascurabile, di sicurezza. Il candidato a una posizione di rilievo all’interno dell’azienda verrà per forza di cose e per natura delle mansioni a contatto e in possesso di informazioni, dati, procedure che l’azienda vuole tenere segrete per non perdere vantaggio sul mercato (la c.d. proprietà industriale). È quindi indispensabile assumere persone che, alla luce delle loro esperienze passate, possano dimostrare lealtà e fedeltà.
Il primo step di un’analisi sulla credibilità è il colloquio comportamentale che vede il recruiter porre delle domande su casi specifici e chiedere al candidato di spiegare come si comporterebbe o come, in passato, ha risolto una determinata situazione. Il colloquio può mirare a valutare le capacità di organizzazione, comunicazione, di adattamento, di relazione con i clienti e con il team di lavoro o l’etica professionale.
Le esperienze riportate sul curriculum possono essere verificate attraverso la ricerca di un feedback presso i precedenti datori di lavoro che potranno chiarire se quanto è stato esposto dal candidato è veritiero o meno.
I recruiter possono peraltro ricorrere anche alla psicologia, analizzando il linguaggio del corpo. Esistono infatti teorie consolidate che spiegano come le persone inclini a mentire tradiscano questo comportamento attraverso gesti o espressioni facciali. Per quanto non risolutiva, l’analisi del linguaggio corporeo può quantomeno indurre un sospetto da verificare successivamente.
La parte più consistente del credibility check è quella che tende a incrociare il curriculum con le informazioni relative al candidato presenti in rete: post sui social, articoli di giornale, informazioni reperibili sui motori di ricerca o presso banche dati accessibili al pubblico. Si tratta di un’attività che può essere condotta ricorrendo all’OSINT (Open Source Intelligence), consultando e analizzando appunto tutte le fonti aperte a disposizione.
Il recruiter è chiamato innanzitutto a verificare che le esperienze professionali riportate sul curriculum siano coerenti con le competenze che il candidato dichiara e deve valutare la capacità del candidato di essere onesto e trasparente sia sulle proprie competenze, sia sulle eventuali lacune.
Come già anticipato è particolarmente importante, attraverso il colloquio, avere un’idea di come il candidato possa assumere le responsabilità che il ruolo richiede.
Le risposte vaghe, i tentennamenti e, in generale, un’incoerenza tra quanto viene affermato e i dati riportati sul curriculum devono destare un primo sospetto. Occorre poi diffidare anche di chi tende ad autocompiacersi eccessivamente, a esagerare nella presentazione delle proprie qualità o a minimizzare i fallimenti. Quello che risulta importante è quindi valutare attentamente ogni singolo aspetto del background, approfondendolo con il candidato e valutandone le risposte per svelare eventuali incongruità.
Il processo di recruiting si basa dunque sul background check, vale a dire la verifica della veridicità delle esperienze riportate sul curriculum, dei titoli di studio e dei riconoscimenti mentre il credibility check mira a inquadrare al meglio il profilo del candidato, con le sue capacità e le sue attitudini.
Può tuttavia accadere che il dubbio insorga nei recruiter e nei responsabili delle risorse umane e che, contestualmente, alcuni aspetti del profilo tratteggiato dal candidato non siano di rapida e immediata verificabilità. È in questo caso che entrano in gioco gli investigatori privati, chiamati a raccogliere dati e informazioni sul candidato.
È un lavoro che viene abitualmente svolto ricorrendo alla Open Source Intelligence (OSINT) e alla Social Media Intelligence (SOCMINT). La prima consente di consultare e valutare le fonti aperte (siti internet, articoli di giornale, pubblicazioni, banche dati pubbliche), la seconda valuta i profili che il candidato ha sui social network. L’attività di intelligence ha lo scopo di confrontare quanto dichiarato nel curriculum e in sede di colloquio con quanto emerge dalle fonti aperte.
Il credibility check tutela di fatto l’azienda da una serie di rischi che potrebbero avere impatto anche sulla continuità produttiva e sul successo, in termini di reputazione ma anche di profitto.
Le aziende hanno infatti la necessità di poter contare su candidati affidabili, in possesso di un solido background e fedeli all’azienda e ai suoi valori. Una scelta attenta e oculata ha riflessi sull’organizzazione, sulla produttività, sulla percezione che gli altri dipendenti hanno dell’azienda e sulla sicurezza.
La cura riposta nel selezionare i candidati diventa poi, a sua volta, una garanzia di affidabilità per l’azienda agli occhi del pubblico, dei candidati stessi, dei partner e dei clienti.
Come abbiamo già accennato, un investigatore privato può svolgere un ruolo fondamentale nel processo di credibility check. Dogma S.p.A. è un’agenzia specializzata in corporate investigation ed è in grado di supportare i clienti in questa attività attraverso verifiche approfondite e accurate.
L’agenzia Dogma, grazie alla sua pluriennale esperienza nel settore, è in grado di svolgere attività di background check e credibility check sui candidati attraverso una mirata opera di intelligence sul candidato, consentendo un rapido confronto tra ciò che viene dichiarato dal candidato stesso e le evidenze.
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